Mario Schifano

Mario Schifano nacque nella Libia italiana, dove il padre, di origine siciliana, era impiegato del ministero della Pubblica Istruzione e collaboratore di Renato Bartoccini. Dopo la fine della guerra tornò a Roma dove, a causa della sua personalità irrequieta, lasciò presto la scuola, lavorando in un primo momento come commesso, per poi seguire le orme del padre che lavorava al museo etrusco di Villa Giulia come archeologo e restauratore. Grazie a questa esperienza si avvicinò all’arte eseguendo, in un primo periodo, opere che risentivano dell’influenza dell’Arte informale. La sua prima mostra personale fu alla Galleria Appia Antica di Roma nel 1959.

Sul finire degli anni cinquanta partecipò al movimento artistico Scuola di Piazza del Popolo assieme ad artisti come Francesco Lo Savio, Mimmo Rotella, Giuseppe Uncini, Giosetta Fioroni, Tano Festa e Franco Angeli. Il gruppo si riuniva al Caffè Rosati, bar romano allora frequentato fra gli altri da Pier Paolo Pasolini, Alberto Moravia e Federico Fellini e situato a piazza del Popolo, da cui presero il nome. Nel 1960 i lavori del gruppo vengono esposti, in una mostra collettiva, presso la Galleria La Salita.

Nel 1971 alcuni suoi quadri vengono inseriti da Achille Bonito Oliva nella mostra Vitalità nel negativo nell’arte italiana 1960/70. Inoltre la sua amicizia con il presidente della Biennale di Monza, Oscar Cugola, lo portò ad essere molto vicino agli ambienti televisivi. Molti dei suoi lavori, i cosiddetti “monocromi”, presentano solamente uno o due colori, applicati su carta da imballaggio incollata su tela. L’influenza di Jasper Johns si manifestava nell’impiego di numeri o lettere isolate dell’alfabeto, ma nel modo di dipingere di Schifano possono essere rintracciate analogie con il lavoro di Robert Rauschenberg. In un quadro del 1960 si legge la parola “no” dipinta con sgocciolature di colore in grandi lettere maiuscole, come in un graffito murale.

Tra le opere più importanti di Mario Schifano vanno ricordate le Propagande, serie dedicate ai marchi pubblicitari (Coca-Cola ed Esso) in cui si ha quel chiaro esempio di popular art, ovvero la veicolazione di immagini di uso comune e facilmente riconoscibili citate in molteplici modi o particolari delle stesse, alle biciclette, ai fiori e alla natura in genere (tra le serie più famose troviamo i Paesaggi anemici, le Vedute interrotte, L’albero della vita, estinti e i Campi di grano). Sono sicuramente da annoverare come tra le opere più riconoscibili e importanti le tele emulsionate, figlie di quei suoi continui scatti fotografici che accompagnano tutta la sua vita, tele dove vengono riproposte immagini televisive di consumo quotidiano, molteplici e a flusso continuo con leggeri interventi pittorici. Esistono nella sua produzione anche tele dove in tecnica serigrafia sono riproposte immagini tra le più importanti da lui realizzate (Esso, Compagni compagni, Paesaggi) che non sono però da intendere come “serigrafia” ma per l’appunto opere uniche realizzate con la suddetta tecnica. Schifano in quegli anni aveva quasi abbandonato la “pittura” in quanto lui stesso affermava che la pittura era morta e diventata obsoleta rispetto all’utilizzo di tecniche diverse (vedi emulsioni o serigrafico). In realtà non la abbandonerà mai nonostante la realtà pittorica di quegli anni lo suggerisse, anche se però divenne un precursore sempre curioso dell’uso della tecnologia per la sua produzione artistica. Per affinità con le tendenze culturali di cui sopra negli anni ottanta entrò in contatto con il gruppo di creativi (illustratori, scrittori, fumettisti, reporter) della rivista Frigidaire (Stefano Tamburini, Vincenzo Sparagna, Andrea Pazienza, Tanino Liberatore, Massimo Mattioli, Filippo Scozzari).

Nel 1984 realizza il Ciclo della natura, composto da dieci grandi tele donate al Museo d’Arte Contemporanea di Gibellina, in provincia di Trapani.

L’ultimo periodo di produzione è particolarmente segnato dai media e dalla multimedialità, interrotto soltanto da alcuni cicli più prettamente pittorici. Il 27 marzo 1997 l’artista, che negli anni ottanta aveva subito delle condanne per possesso di sostanze stupefacenti, ottenne dalla Corte d’Appello penale di Roma la completa reintegrazione giudiziaria perché “la droga era solo per uso personale”. Morì a 63 anni, mentre si trovava nel centro di rianimazione dell’ospedale Santo Spirito di Roma, a causa di un infarto.

Anno di Nascita1934ProvenienzaHomsTecnicaPittura su tela